Questo progetto del fotografo Ferdinando Gatta nasce per frequentazione personale dell’ambiente ospedaliero; il registro iniziale è di coinvolgimento psicologico molto forte, empatico, ma è poi tradotto in linguaggio più asettico, volutamente raggelato, quasi astratto. L’ospedale – in particolare quello di Marino, area dei Castelli di Roma – è un “territorio” vissuto in prima persona, è definito, unico nel suo genere ma allo stesso tempo, attraverso questa scelta dello sguardo fotografico che decanta “l’io”, il personale, diventa emblematico, luogo di ognuno, conosciuto e condiviso collettivamente, ovunque e da tutti: un qualsiasi sanatorio.
Colori, spazio, geometrie, proporzioni, prospettiva, struttura, composizione rimandano ad un immaginario filmico ma il reportage è invece su qualcosa di reale, palpabile. L’ambiente è vuoto, solitario, quasi desolato e desolante: l’essere umano è assente seppure tutto lo evoca. Lo sguardo fotografico qui si fa politico: allude ai tagli apportati proprio al sistema sanitario in Italia prima dello scatenarsi del Covid-19 e dell’emergenza connessa ma anche alla situazione che ha portato confinamento e imposizione preventiva del distanziamento fisico.