Un territorio apparentemente senza punti di riferimento né confini, quasi un tòpos: è questo l’insieme di dune, sabbia, panoramiche aperte e quasi senza fine immortalato da Ori Sadeh. Il deserto è paesaggio reale e insieme ideale, silente, originario, antropologicamente ricco di narrazione e di riferimenti, tanto da fare smemorare la complessità politica e storica che vi si è radicata, la drammaticità, la durezza delle condizioni di vita di chi lo abita, lo attraversa, lo difende o lo pretende. In questa fotografia documentaria il Territorio è quello, esistente, concreto, pieno di contraddizioni ma, attraverso la scelta stilistica e concettualistica dell’autore si fa astrazione, ideale, immagine che ne contiene tante altre dentro
«La fotografia della natura è la sfida suprema per il fotografo. E spesso la sua suprema delusione» diceva Ansel Adams, grande fotografo americano fedele alla straight photography, con Edward Weston fondatore del gruppo f/64 e grande autore di fotografie memorabili di parchi naturali della West Coast dalla nitidezza dell’immagine e profondità di campo straordinaria; aveva ragione; e nel caso di Ori Sadeh nessuna delusione, solo la bellezza della Natura, la sua forza evocatrice, un senso universale dello spazio e del luogo e la consapevolezza della fragilità di una geografia e di un ecosistema che forse in queste immagini, anche perché in assenza di presenza umana, possiamo per un attimo accantonare.