“Land Research” di Yuval Tebol è un viaggio fotografico lungo dieci anni e che attraversa il paesaggio di Israele. Egli ha condotto una ricerca visiva e tematica del conflitto interno in Israele, dalla Cisgiordania e dal deserto di Arava in Giordania, attraverso Gerusalemme, fino agli insediamenti della regione di Gaza. Il progetto, spiega Tebol, cerca di sottolineare le conseguenze psicologiche del conflitto e l’impatto che l’uomo ha avuto sulla sua Terra.
Utilizzando una macchina fotografica analogica di medio formato e una pellicola in bianco e nero, Tebol decostruisce in modo riflessivo l’immagine sulla scena e la ricostruisce durante il montaggio in post-produzione, dando vita a una serie di trittici e tetraptici panoramici surreali accanto a griglie a grande scala composte da un’unica scena. La scelta di fotografare in Bianco e Nero segue la scrittura teorica di Barthes e Flusser, sostenendo che la fotografia in Bianco e Nero sia meno manipolata mentre svela nel contempo le sue origini concettuali.
Il lavoro di Tebol risuona di movimenti artistici del passato, spaziando tra la “Nuova Topografia” con i suoi paesaggi vuoti ma marcati, il Surrealismo figurativo con la creazione di una “Meta-realtà” e il Futurismo con la costruzione di un nuovo modello che si conforma al mondo mentre lo vive, che fonde ciò che vede con ciò che ricorda. Le sue griglie costruite assomigliano alla ricerca visiva tipologica di Becher, avvicinandosi alla fotografia nello stesso modo in cui un botanico si avvicina alla catalogazione della flora e della fauna. Anche se la sua fotografia coinvolge le emozioni e l’intelletto, e non può assolutamente essere descritta in modo formalistico.
Fotografa con ossessione. Viaggiando attraverso la terra d’Israele, da confine a confine, alla ricerca di tracce di guerra e militarismo, ritraendo paesaggi feriti e sfregiati, privati della presenza umana oltre che delle tracce lasciate dopo che il dramma si è smorzato. Lo scenario dell’opera di Tebol è quello della memoria e dell’identità collettiva e della sua personale proiezione sul mondo. In maniera de-costruttiva, il suo lavoro contiene un orizzonte di critica, anche se non politica. Smontando i luoghi da ogni verità storica e ragione che sembravano inizialmente trasmettere, egli li rivela solo come un’interpretazione, una di infinite possibilità. Tebol persegue il senso dei suoi paesaggi sfregiati e abbandonati, al punto di esporre le presunte contraddizioni e opposizioni interne su cui si fondano, rivelando l’instabilità e la complessità di quelle fondamenta.
Tebol ritorna ripetutamente sulla “scena del crimine” con il suo sguardo post traumatico. Si confronta con l’inconscio, l’ansia, la violenza, il trauma della morte. Decostruendo e ricostruendo, si libera dai confini ermetici della memoria, ricostruendo il passato e attraverso di esso il presente e il futuro. Strappando e ricostruendo l’immagine, stabilendo nuovi meccanismi di ordine e di controllo, nuovi spazi di osservazione esterna ed interna, in un viaggio senza fine verso la catarsi.
Sofie Berzon Mackie, Curatrice