(…) Eva Tomei si mette sulla scia di alcuni percorsi di Ulisse nel Mare Nostrum e ne fissa, in bianco e nero, l’immanenza. Le sue foto sono enigmatiche, nonostante portino un frammento di effettività: lo spectrum è di incerta penetrazione e le sue immagini sono evocative. Studium e Punctum, persino, talvolta si diluiscono… Ciò nonostante – e inevitabilmente, dato l’argomento che trattano – richiamano, d’inciampo, l’attualità, citano il dramma dei migranti, delle carrette del mare. Grecia, Turchia, Tunisia sono i luoghi di Odisseo che oggi hanno veste diversa, fusione di passato e presente e sovrapposizione tra realtà: quella del poema, quella filtrata attraverso gli occhi dell’operator e la realtà-reale (se mai ne esistesse una sola). Quel che è certo è che l’incontro con i posti – vissuti non da turisti ma da viaggiatori – e con tutto quel che ne consegue e che si incontra, genera cambiamento e porta conoscenza e, direi, anche una nuova coscienza.
Ulisse vuole tornare a casa, prova il sentimento della nostalgia, sente il richiamo delle radici e desidera il ricongiungimento. Eva ce lo fa percepire da quella malinconica atmosfera con cui permea le sue fotografie. Il compimento dell’errare epico avrà il lieto fine e nulla sarà più come prima poiché un cammino – come avveniva anche per i Grand Tour di storica memoria – forma se stessi, fatalmente porta a un’evoluzione, allo svelamento, a non essere ciechi: non nel senso attribuito alla condizione di Omero, “colui che non vede”, a cui si dava connotazione di doti profetiche e saggezza aiutata dalle Muse; ma a quello indicato da Josef Koudelka: “Quando vivi in un luogo a lungo, diventi cieco perché non osservi più nulla. Io viaggio per non diventare cieco.”.
B. Martusciello, da: Finding Homer, Postcart Edizioni, Roma, 2015